domenica 29 agosto 2021

IRONIE E UTOPIE di Adolfina de Stefani e Antonello Mantovani


scrive Francesca Brandes giornalista, saggista e curatrice d'arte

Penso al rinoceronte di Pino Pascali e alla confessione dell'artista a Carla Lonzi, apparentemente ingenua, ma profonda: "Quella bestia lì, oltre ad essere un rinoceronte - bofonchiava tra i denti - è una forma che ho cercato per non cercarla". Ci ripenso, nell'accompagnare le opere (uniche, di coppia, plurime) di Adolfina de Stefani e Antonello Mantovani.

Adolfina e Antonello e la loro ironia

La loro esposizione veneziana, a VISIONI ALTRE, in campo del Ghetto Novo, ci ha tenuto con il fiato sospeso per un mese, nella città agostana che ha ripreso a ruotare, senza riprendersi spazi di verità e di gioia. Tranne rare eccezioni, appunto.

La poesia nelle loro opere

Perchè le opere di Adolfina e Antonello contengono sempre un germe di poesia, un'onda di meraviglia. Fanno sperare nella capacità dell'arte di ridare un senso alle cose, di cambiare segno al trauma che abbiamo attraversato, di offrire forza laddove i diritti (e la bellezza) sono calpestati quotidianamente, attraverso un linguaggio che non conosce confini.

La bravura di Adolfina e Antonello

Ricondurre al contesto un simbolo (sia l'abito o il cappello martoriati dagli spilli), scavando oltre la superficie, significa acquisirne la sostanza, semplicemente, senza proclami. Qualcosa che non è solo denuncia, ma appare anche connotato da un'intrinseca (e benedetta) levità. Come in Pascali, la forma cercata per non cercarla costituisce la miglior forma di consapevolezza.

Adolfina e Antonello coppia anche nella vita

Il pensiero di questi due artisti, coppia anche nella vita, performers di straordinari inventiva ed impegno, è forse più legato all'iconico che al semantico. Procede per immagini: alberi in trasparenza sospesi in lastre di plexiglass, rimandi infantili dove il bianco è paesaggio di memoria, scatole da cui traspaiono pupille e palpebre. Credo da molto che una dilatazione delle nostre capacità immaginifiche - sia percettive che creative - debba passare per l'attivazione di modalità inedite: ecco, l'arte di Adolfina de Stefani e Antonello Mantovani, consente appunto lo scarto, salvifico, tra utopia ed ironia (e viceversa).

La diversità unisce

I due sono speculari, ma non necessariamente simmetrici: sarà perchè ogni creatività, con i suoi impulsi espressivi, agonistici, ludici, per rivelarsi ha bisogno della presenza dell'Altro staccato da sè, di un antagonista che può divenire partner. Per consapevolezza, si è detto, e per volontà.

Il risultato

Ciò che ne risulta, piuttosto, è una formidabile sincronia: Nel recupero dell'elemento fantastico, la mostra Ironie e Utopie, a cura di Valentina Licci, con un bel testo critico di Barbara Cappello, è folgorante e realistica ad un tempo. Si tratta di un evento corale, un continua scambio di battute tra i due agenti-agiti e con lo spettatore. Poi, il dialogo si fa labirintico, ondivago, una totale immersione nel vissuto dell'arte, nei pensieri e nei processi del fare, persino nel cuore delle relazioni.

Adolfina e Antonello e il "tu"

Il "Tu" nella coppia de Stefani - Mantovani, è qualcosa di più di un destinatario: rappresenta il congegno che fa saltare l'ordine delle cose, innescando un moto rivoluzionario. La strategia è sovversiva: discutere le vie dell'ascolto e, allo stesso tempo, provocare la propria metamorfosi. Non si tratta di un'alterità neutrale. Il Tu viene all'opera, e il frutto appare all'improvviso. La forma cercata per non cercarla: i piedi autoritratto, ad esempio, il bianco, il nero e il rosso.

Il tu-io-noi, inoltre, non ha un corpo unico, ma condivide con i corpi un tratto essenziale, la nudità. Dello spirito, della carne. Per questo racconta qualcosa che ci riguarda intimamente. si fa riconoscere solo da chi accetta di mettersi in gioco; è spazio interrogante che rompe l'isolamento.

Adolfina Antonello e il passaggio

Solo attraverso questo passaggio, quasi un rito di iniziazione, si può ripensare alla natura umana come risultato di questa presa di coscienza. Tutto sta nella minima sfasatura dei linguaggi, nelle pieghe dell'immagine; incontrando l'insondabile, nei vuoti come corone di pausa, riannodando i fili della memoria: fino a far scaturire il monopattino, le scarpette di bimbo, il profilo dell'albero in inverno. Giocando, vivendo (seriamente utopici) e rischiando, Adolfina e Antonello fanno miracoli di senso.




Albero
serigrafia su lastra di plexiglass cm 50x50

Acheologia Contemporanea
fusione con cera d'api cm 30x40x5

Dama bianca
scultura in panno e gesso con spilli cm 30x30x15

i due artisti davanti all'opera percorsi dell'anima

Visione d'insieme

L'Attesa
olio su tela cm 100x100

Melagrane
immagini fotografiche su acetato incorporate su lastre di plexiglass cm 10x10x6

Doppio Senso
immagini fotografiche su acetato incorporate su plexiglass cm 20x15x6

Percorsi dell'Anima
tecnica mista su tela cm 100x100

Quercus Ilex 2009
stampa ad inchiostro nero su plexiglass cm 190x100

Sole 2002
disco di metallo con interventi a foglia d'oro e vetro cm 30x30

Vedere Attraverso
vasca di plexiglass con immagine fotografica su liquido trasparente e cera d'api cm 40x40

Visioni d'insieme

Visione d'insieme















 


mercoledì 18 novembre 2020

Resti Presenti, Rovine Future

 Sabato 14 novembre 2020 alle ore 11.30 viene inaugurata la personale dell’artista Link Hg (Nicolò Andreatta) Resti presenti, Rovine future - Un dialogo tra l’essere umano e i luoghi abbandonati nel tempo, dal Piranesi al postgraffitismo”.

L’artista presenta una serie di opere grafiche-pittoriche di grandi dimensioni a cura di Adolfina de Stefani.

Il progetto “Resti presenti, Rovine future” nasce dall’analisi di una realtà scomoda:

la presenza di rovine architettoniche che coinvolgono tutto il territorio italiano. L’artista guarda alle rovine interrogandosi sulla loro valenza simbolica: che cosa significavano questi resti per gli uomini del passato? Quando una rovina si può definire tale e che come si possono interpretare e vivere questi luoghi ormai abbandonati?

Basandosi su documentazioni storiche quali le Antichità Romane Tomo I, Tomo II, Tomo III si può notare come il tema dei resti architettonici abbia fortemente interessato la produzione artistica del ‘700 di Gian Battista Piranesi, lasciandoci in eredità una vasta raccolta di riflessioni. Tuttavia, il fascino delle rovine non è andato perso nel tempo e il poter dare vita a ciò che gli altri ritengono ormai morto è un tema ricorrente nella scena artistica attuale.

L’artista concentra la sua produzione attraverso la creazione di interventi site-specific non invasivi in zone urbane dismesse, con il fine di riqualificarle dando loro nuova vita e significato.

In questo caso, Nicolò Link Hg Andreatta sviluppa la sua ricerca creativa partendo dalle incisioni di Piranesi, per poi reinterpretarle secondo la sua visione contemporanea. Si creano così delle realtà oniriche nelle quali passato e presente coesistono e dialogano tra loro. “Resti presenti Rovine future” pone degli interrogativi urgenti sullo spazio e su come noi lo percepiamo in base al nostro vissuto quotidiano. Che cosa dà vita ad un luogo? E’ fondamentale un costante intervento umano oppure la semplice attribuzione di un significato basta come condizione necessaria e sufficiente per rendere un luogo significativo?

14 – 30 novembre 2020

tutti i giorni

11.00 –18.00 ingresso libero

www.visionialtre.com| infovisionialtre@gmail.com adolfinadestefani@gmail.com| +39 3498682155 VISIONI ALTRE Campo del Ghetto Novo 2918 – 30121 VENEZIA









sabato 7 novembre 2020

VEDERE ATTRAVERSO

VEDERE ATTRAVERSO
Bipersonale di Adolfina De Stefani e Antonello Mantovani
12 - 27 agosto 2017

Oratorio di SANTA MARIA ASSUNTA | SPINEA | VENEZIA
presentazione e testo critico a cura di 
Barbara Codogno 

PRESENZA
Adolfina De Stefani e Antonello Mantovani


“L'Oratorio è genius loci perfetto per ospitare questa doppia esposizione, che possiamo leggere come un continuo rimando al doppio, e al suo scavalcamento.
Genius loci come entità naturale e soprannaturale, legata a un luogo e a un oggetto di culto. Un luogo che per i romani pagani andava precisato nel suo carattere di indefinito sessuale:
sive mas sive foemina (che sia maschio o che sia femmina), non solo perché non se ne doveva riconosce il genere, e perché nel luogo sacro si aveva fusione di maschile e femminile. Il doppio diventava Uno. 

Così come l'uno diventa due. Perché due sono gli artisti, Adolfina De Stefani e Antonello Mantovani. Due figure che giganteggiano all'interno del panorama dell'arte contemporanea nazionale. Non solo per la loro febbrile attività di curatori, galleristi, organizzatori, soprattutto per la produzione artistica che li porta continuamente a esplorare nuovi linguaggi, usando e abusando di materiali diversissimi.

L'esposizione titola “Vedere Attraverso”; e se già lo sguardo è doppio, in quanto due sono gli artisti, i loro occhi riverberano lo sguardo, lo moltiplicano, scrutando a vicenda la reciproca interiorità. Come a dire che uno non vede senza l'altro. O meglio: che l'uno non può vedersi senza l'altro.
Alla duplice visione, con l'occhio che come un caleidoscopio mistico distorce e allucina la visione, i due artisti aggiungono la trasparenza del materiale principe usato per questa esposizione.

Siamo in un Oratorio dedicato alla Madre del Cristo; luogo della preghiera che a partire dalla Controriforma Cattolica diventa come un'appendice - staccata e personale- dal corpo della Chiesa. Luogo separato, più intimo, personale, dove eleggere a referente della propria preghiera non più il Padre ma talvolta un Santo, molto spesso la Madre.
Nella Chiesa si celebra il rituale liturgico, la grande macchina teatrale della Santa Messa, dell'Eucarestia, della Cerimonia della nascita e della morte del Figlio. Nell'Oratorio c'è la preghiera nascosta, individuale, liberata dalla ritualità.
La preghiera ha bisogno di luce per essere vista: si prega accendendo una candela.
E la candela è fatta di cera. Un materiale millenario, che l'uomo ha preso dalle api e impiegato sin dall'antichità per attività le più diverse; usato dagli egizi tanto per impermeabilizzare le navi come per imbalsamare le mummie.
Un materiale duttile e trasparente in grado di trattenere, come l'ambra, talvolta piccoli insetti, particelle di pulviscolo, piume.
In questo luogo privato e sacro, i due artisti lavorano con il materiale della preghiera, riempiendone le piccole edicole, le fessure, gli spazi concavi e segreti delle mura sacre con quote di cera da cui spuntano dettagli anatomici. Sono porzioni di corpo: mani, dita, piedi. I loro.
Nel luogo dove il corpo di Cristo si fa Eucaristia per onorare il sacrificio imposto da questa religione dell'anima, il corpo degli artisti si fa unica statua di cera che celebra la commistione pagana e mistica dei due.
Ecco allora che “vedere attraverso” l'immanenza del corpo diventa una grande metafora dell'arte, e dell'amore. Perché il corpo è transitorio, ma se noi lo santifichiamo attraverso il gesto creativo dell'arte ( non è quello che ha fatto dio? ) allora il corpo supera se stesso. Diventa eterno, sacro. 

Rispetto al corpo, i due artisti propongono una riflessione anche sul suo essere luogo di centralità, di verità. Sappiamo tutti come la vista sia stato uno degli argomenti cardini affrontato da Aristotele nella trattazione della “Metafisica”. Per il grande filosofo greco la vista era il senso più importante, in grado di farci conoscere meglio il mondo. Per Aristotele il fenomeno della visione era reso possibile dalla presenza del diaphanes, ossia di un elemento diafano e trasparente, che funge da mezzo intermedio, la luce.
Ma come apparirà la visione se gli occhi sono velati di cera? 

L'esposizione “Vedere Attraverso” ci propone anche cinque immagini in bianco e nero che raffigurano degli occhi; sono immagini fotografiche ingrandite e ritoccate alle quali è stato sovrapposto un leggero strato di cera.
Immagini massimamente poetiche e piene di riferimenti colti. L'occhio velato di lacrime, l'occhio che Buuel spalanca e deflora, l'occhio della Statua di marmo che noi immaginiamo con timore possa animarci, come ci ricorda Galatea.
Vedere attraverso comporta allora la pulizia dell'occhio dal peso di un velo che offusca la realtà. Quel velo di cui parlava il filosofo Schopenhauer, che ci impedisce di cogliere il mondo com'è, perché noi vediamo il mondo come lo desideriamo. La nostra volontà ci porta a creare il mondo attraverso il nostro desiderio e a non guardarlo nella sua verità. 
Sorge allora la domanda: sappiamo elevarci dal corpo - che poi è metafora di una realtà bassa, contingente, volgare - sappiamo superare, vedere attraverso, questo velo di ombre ed elevarci? 

Ecco che l'opera realizzata dai due artisti con il neon di luce bianca ci dà la risposta. L'opera titola “Leggere l'Infinito”. E sembra proprio che all'interno di questo luogo privato e sacro, grazie all'arte che nasce dal corpo, i due artisti abbiano voluto condurci alla visione dell'infinito.  
Barbara Codogno

Durante il vernissage, i due artisti, celebri performer, realizzeranno una loro performance dal titolo: “Omaggio alla Donna” con la poesia di Pier Paolo Pasolini “Supplica a mia Madre”. In un Oratorio dedicato alla Madre del Cristo, luogo in cui si esplora il sacro, il corpo, l'infinito e il vedere attraverso per raggiungere la verità, la presenza della Madre, anche quella terrena, è presenza che nel darci la vita ci traghetta verso la conoscenza. Importante renderle omaggio. 

Il sodalizio tra i due performer e artisti contemporanei Adolfina De Stefani e Antonello Mantovani nasce nel 2000 ed è caratterizzato da una sorta di nomadismo operativo che li vede impegnati in una esplorazione parallela nei numerosi percorsi dell’espressione artistica. Apprezzati esponenti nello scenario dellacultura artistica sia in Italia che all’estero, la loro espressione si articola attraverso la performance, l’installazione e la ricerca multimediale, con particolare attenzione alle tematiche attuali. Emergono con estrema chiarezza le azioni di carattere universale con l’intento di favorire l’incontro del grande pubblico con i linguaggi contemporanei. 

Vedere Attraverso bi-personale di Adolfina De Stefani e Antonello Mantovani 
12 -27 agosto 2017 

giovedì 5 novembre 2020

ABISSO – Un Fine Settimana, dell’artista, poetessa e scrittrice Dorothea Tanning


ABISSO – Un Fine Settimana

 

di Dorothea Tanning


 Traduzione testo dall’inglese in italiano di: 

Alessandro Zanini

  

Disegni di:

 Laura Spedicato

  

a cura di: 

Adolfina de Stefani

 

 

Sabato 5 settembre 2020 ore 19:00

 

            Dorothea Tanning pubblicò il racconto Abyss in Zero: A Quarterly Review of Literature and Art, Nos. 3-4 tra l’autunno del 1949 e l’inverno del 1950 (pp. 138-150). Ne ampliò la trama per la pubblicazione nel 1977 e di nuovo nel 2004 per la versione definitiva del romanzo breve intitolato Chasm: A Weekend. Per oltre mezzo secolo l’Autrice intagliò le molte facce del gioiello che ruota e irradia la sua saggezza sopra a un arido deserto umano e culturale. La visione prende corpo nel corso delle epoche in questo modo.

 

            Nel 1682 Destina Kirby sposa il marinaio Tray Thomas, primo ufficiale della nave Georgic (un possibile riferimento alle Georgiche di Virgilio, opera dedicata alle virtù del lavoro della terra), che affogherà in mare. Dieci anni dopo, nel 1692, Destina Kirby è ingiustamente condannata per stregoneria e bruciata sul rogo. Quando sua figlia, la seconda Destina, viene messa in salvo su un carro di straccioni di provenienza ignota ha solo sette anni. Così come la nostra contemporanea Destina Meridian. Acqua e fuoco. Il Re affogato e la Regina arsa.

 

            Molto tempo dopo, ai nostri giorni, nel Windcote Ranch (Windcote: “Riparo dal vento”), situato nel più selvaggio e isolato deserto americano, il folle e deviato inventore Raoul Meridian intreccia trame di potere e amministra loschi affari con personaggi di alto profilo istituzionale nel corso di feste dal surreale dress code. Insieme alla giovane e disturbata governante Nelly, che ha chiamato a sé da una casa per giovani criminali, conduce inoltre, in evidente contrasto, una saltuaria parvenza di normalità con l’anziana e saggia baronessa e  con Destina, oscura e sognante bambina di sette anni che sembra obbedire a leggi proprie.

 

            Quando su invito del padrone di Windcote giungono ospiti del ranch la splendida modella hollywoodiana Nadine Coussay e il suo promesso sposo Albert Exodus, un pittore irrisolto, tutti i quattro elementi radicali della natura (rizòmata) -: Fuoco Zeus-Giove, Aria Era-Giunone, Acqua Nesti-Persefone, Terra Ade - sono finalmente presenti e i nodi del tempo possono essere sciolti. Trova il luogo e la formula, scrive André Breton in Arcano 17. Tanning trova entrambi a Windcote e la baudeleriana foresta di simboli ci parla qui nel deserto d’America. 

 

            La baronessa e il dodecaedro: il romanzo è strutturato in dodici capitoli preceduti da una introduzione (Cronologia) e sono dunque tredici. I personaggi umani che animano il romanzo sono dodici. A buon diritto è forse il puma (o leone di montagna) il tredicesimo personaggio. A meno che non lo sia il capostipite Tray Thomas. In tal caso, anche qui il cerchio si chiude. Tredici è il numero ideale di componenti di una congrega di streghe (coven): dodici streghe, maschi e femmine, e la guida della congrega: la Grande Sacerdotessa o il Grande Sacerdote. Tredici erano i poliedri archimedei o semiregolari. E Destina è effettivamente la Melusina dei surrealisti, movimento artistico al quale Dorothea Tanning appartenne già nella prima metà del Novecento, la magica figlia dell’amore in grado di visitare le profondità della terra e compiere l’Opera.

Alessandro Zanini


            Il tempo, elemento sfuggente e dominante, segna, scandisce le vicende di più vite nell'opera di Dorothea Tanning. Tempus è una degli elementi da dominare per compire la Grande Opera degli alchimisti e sicuramente è la chiave che apre le porte dell'opera Chasm, A weekend, che già nel titolo pone al fruitore un limite, un inizio ed una fine.

            Sette, sette, sette....questo numero ricorre come mantra come un gap nella linea temporale continua. Una nascita, una svolta, una cambiamento, come se al settimo di qualcosa si ricominciasse un nuovo ciclo lunare. La notte è il momento dell'azione, la cena, il ritrovo; il grigio argenteo, artemideo ed incerto quanto irto di pericoli tra luce flebile e ombra, è il colore che pervade le scene come una pellicola in bianco e nero con fili di rosso sottile che è ben diverso dal rosso-giallo diurno ed accecante del deserto e della roccia che emerge dalla terra e che, come uno specchio, luna diurna, restituisce i raggi del sole e il suo calore intenso, primo padre della dinastia di Destina.

            Il tempo acquisisce una duplice parallela esistenza nel romanzo. Una esistenza decifrabile, scandita, chiara, un tempo profano entro cui personaggi frivoli e con poche esigenze si muovono senza risolvere la loro vita, ma esaurendola in modo superficiale o contorto, tagliato, in gabbia. Vi è poi l'altro tempo, quello che prende un unico infinito respiro, quello che è sospeso, quello astrale, quello in cui si muove l'imperatrice bambina in perfetta sintonia con creature evanescenti e in cui assorbe coloro che vivono vicino all'abisso, coloro che cercano l'ingresso della vera esistenza, che anelano alla verità profonda e che, seguendo quella piccola luce all'orizzonte, tra due colonne turrite come il rosone mediatore in una cattedrale gotica, attraverso la morte, il sacrificio estremo, vivono la loro resurrezione, la loro iniziazione.

            Questo è il Deserto Ermetico, la linea sottile della matita sul foglio caldo, morbido, tutto nasce e muore entro il deserto, la cui unica fonte di vita è lontana o incerta, tutto si evolve o si determina entro la spirale di Windcote. Tutto si compie ai margini dell'Abisso, ma il primo passo è trovarlo.

Laura Spedicato

             Parlare di questo romanzo è come aprire cento porte sul mistero della vita. L’autrice Dorothea Tanning in Chasm, A weekend (ABISSO – Un fine settimana), scandaglia e descrive nel suo immaginario non solo la vita a lei destinata, ma ricerca anche le vite che le sono appartenute, un percorso lungo, e realizza nel dettaglio un’opera surrealista e l’evolversi di un destino crudele. Un viaggio nel mondo dell’arte attraverso il mistero della psicoanalisi. 

 

            Tutti i personaggi che ne fanno parte sono descritti minuziosamente e si ritrovano insieme a trascorrere un fine settimana. Durante il “convivio” frugale le caratteristiche del bene e del male di ogni personaggio presente, sono messe a nudo attraverso giochi di parole.

 

            Nel luogo impervio dove la struttura architettonica assai barocca assomiglia alla mente arzigogolata del suo costruttore Raul Meridian, rude padre di Destina, la fanciulla di sette anni, meravigliosa quanto misteriosa, che appare e scompare come un puma - DESTINA- dirige con il suo potere magico la sorte degli ospiti. Ospiti che rappresentano i personaggi e che, in qualche modo, hanno influito nella tormentata esistenza dell’Autrice.  A ognuno la propria sorte.

 

            La baronessa, protagonista al pari di Destina, conosce i misteri invisibili della mente, imperterrita suona il pianoforte nascosta dal suo cappello a larghe balze nell’angolo più buio del salone in cui ha luogo il convivio. 

 

            Destina è protagonista e artefice immaginaria e invisibile di ogni azione e ogni pensiero. Ed è proprio qui, in questo luogo che “non le appartiene”, che si appropria della sua identità, quell’identità inconscia ricercata fin dalla nascita, ispiratrice del suo percorso artistico nel mondo dell’irreale. 

 

            A questo si aggiungono le ragioni di scrivere, o forse ultimare, il suo ultimo scritto, alla fine della propria vita, durata 104 anni.

 

         Tutta la narrazione, anche se surreale, si presenta con una rigidità quasi disumana. Affiorano le tensioni di coppia, la superficialità dell’essere umano, la gelosia, la violenza, l’ingordigia.

Un’opera sull’opera, nella quale la scrittura si sovrappone alla pittura. 

 

Adolfina de Stefani



 Per comprendere l’opera dell’eclettica artista surrealista 13 artisti invitati dalla curatrice Adolfina de Stefani presenteranno al pubblico una eterogenea e ragionata selezione di lavori diversi per linguaggi e ricerche, per individuare pretesti d’indagine verso nuove significazioni della complessa opera di Dorothea Tanning. 

 

Durante la presentazione l’artista Antonio Irre darà vita a un’azione performativa tratta dal romanzo ABISSO – Un Fine Settimana di Dorothea Tanning.

 

Pittura, scultura, installazione, azione performativa invaderanno lo spazio espositivo senza soluzione di continuità, per sviluppare un complesso percorso espositivo.

 Gli artisti invitati sono: 

Mirta Caccaro, Barbara Cappello, Andrea Dal Broi/Nicolò Andreatta, Adolfina de Stefani, BarbaraFurlan, Anna Laura Longo, Antonello Mantovani, Sabina Romanin, Rossella Ricci, Claudio Scaranari, Marilena Simionato, Moreno Ugo, Fanny Zava.



di Mirta Caccaro;


TRAMA DEL TEMPO – Vite Incrociate | 2020

lavoro/collage su nove tavole realizzate con tecnica mista, tra cui il frottage

unite tra loro per realizzare un grande "arazzo", 


 

Barbara Cappello 

ILLUSIONI | 2020
Foto digitale su carta di cotone Arches 90 gr, cucita a macchina su carta Arches 300gr,
 interventi con filo argento. Il tutto intelaiato su tela;
cm 40x40 cadauna - trittico

Cruda immagine induci il respiro nell’affanno di uno sguardo ipermetrope.
La cornea è una ellisse che orbita nel magnetismo del tuo mondo.
Mentre la pupilla trafigge il sogno del mio Universo sino al cono stretto della verità svestita.

Essere davanti al fatto reale pone la presenza lucida di stravolgerne le immagini. Le sensazioni si concretano, come sabbia bollente del deserto, in un turbine di tempesta inattesa. Come riuscire a respirare se non proteggendosi con drappo di seta profumata di ricordi? La perdita di sé nella verità che si profila davanti alla correzione visiva delle lenti positive, spesse come il fondo di una bottiglia di champagne, induce a vedere, finalmente, dentro il proprio abisso. Nel buio. Nell’immensa densità delle molteplicità dell’Ego.

Eccoti. Eccomi. Tento il rialzo del mio corpo. È il tuo. Tuo di colei che ha sostituito il mio. Mio di colei che avrei voluto, forse dovuto essere. Divina. Abbacinante immagine di me che sono te e di te che sono me. Ti trattengo nell’argento del mio volere fragile. Sei colei che ha trafitto le mie carni con il prezioso coltello che egli sfodera nell’amore; per tagliare, per mangiare, per amare. Sono io. Sei un fiore delicato, che strappato alla terra essicchi nella sofferenza della tua bellezza dorata. Sei il sogno della fragranza appena sbocciata del giacinto. Sono io. Sei l’illusione del mio mondo nell’amore. Fragile. Crudele. Schiava. Libera. Sono io. Sei tu.

Un trittico in cui ogni pezzo riporta sulla carta l’impressine fotografica di questa, quella donna che innanzi alla visione del tradimento subito costruisce l’illusione del fatto. Si identifica e contrasta al tempo stesso, perché il suo mondo costruito in questo amore è stato violato. Al contempo si illude di essere lei. Il dolore e il piacere si fondono, non solo nella carne, ma anche nel cuore, nello spirito, perché è il nutrimento di cui ella necessita: illudersi di essere e non essere come gioco perenne del suo destino. Tanto che i fiori essiccati ne riportano la fragilità. Mentre le cuciture ne tracciano la violenza del tradimento e le immagini inducono al gesto del tentativo di rialzarsi se pur trattenuto dalla realtà nel proprio essere.


 

 Andrea Dal Broi/ Nicolò Link Hg Andreatta


TRASFORMAZIONI | 2020

Tecnica mista. 24x38cm.

Per la seconda volta Nicolò LinkHg Andreatta e Andrea Dal Broi presentano un lavoro in collaborazione con Galleria Visioni Altre per una rappresentazione visiva distillata in 12 capitoli del libro scritto da Dorothea Tanning “ABISSO - un fine settimana”.

Nell’opera viene preso in esame il dodicesimo capitolo, andando ad indagare sull’invidia, figura dalla potente carica evocativa,
qui raffigurata nei dettagli del soggetto: la testa di un caprone smembrato da un branco di lupi, figura luciferina nell’immaginario collettivo, spesso vista in sostituzione del diavolo stesso.

Il parallelismo tra i comportamenti subiti dal personaggio principale e il soggetto rappresentato, mette a nudo le dinamiche esistenziali più arcaiche e fameliche che i singoli possono sviluppare nella forma gruppo.

La scelta di una cornice eccessiva, barocca, che non passa inosservata, accompagnata da un pass par tu nero, va a completare il senso di vacuità che l’emozione dell’invidia lascia a se stessa.

 

Adolfina de Stefani 

DESTINA | 2020  olio su tela cm 70x120
L'artista tenta di penetrare nel cuore del racconto, indagando la figura di DESTINA, 
attraverso il gioco degli scacchi. Gli oggetti rappresentati diventano il punto di partenza per un percorso catartico che nega il concetto del tempo e dello spazio; 

Barbara Furlan 

DEVI SOLO SEDERTI E MANGIARE QUESTA CENA | 2020
Tecnica ad olio e gessetti su tela. 148x106cm.

Con una tela di grandi dimensioni l’artista rappresenta la tavola imbandita sulla quale il rosso sanguigno,
colore dell’esaltazione, predomina e invita i presenti a servirsi.


Anna Laura Longo

Collo-Scultura | 2020
L'artista fa un chiaro riferimento alle installazioni tessili di Dorothea Tanning in COLLO-SCULTURA, opera  in ferro di ispirazione surrealista, con elementi oblunghi.  C'è un rimando a una sartorialità concettuale, con una trasposizione dal tessuto al metallo;


Antonello Mantovani

MASCHILE e FEMMINILE | 2012
Le due sculture si integrano e diventano complementari nell’opera scultorea di Antonello Mantovani e nell’immaginario si uniscono a strane mescolanze che concorrono al metamorfismo modificando il mondo fisico intese come incrocio e fusione di uomo e animale;

Sabina Romanin 


Looking | 2020

Tecnica collage tessile e ricamo manuale. 39x33cm.

Una figura colta di spalle, ferma ad osservare con perplessità la “costruzione” tessile davanti a sé. Forme irregolari dall’aspetto incongruente e minaccioso creano una “pace straniante”. L’ossimoro sottolinea come l’aspetto rassicurante, che ci si aspetterebbe dalla domesticità dell’elemento tessile, venga contraddetto dall’inquietante costruzione. Essa è infine circondata da un arabesco rosso che fa riferimento alla duplicità di vita e morte. La figura di spalle osserva e non si pronuncia.


Rossella Ricci 

ATMOSFERA | 2020  Collage. 110x60cm.

L’artista ha cercato di ricreare quell’atmosfera che si riscontra nel corso della lettura del romanzo di Dorothea Tanning, come pure la ricerca dei simboli, fiori e montagne aride, assemblandoli in un collage di carte ritagliate da riviste dell’epoca.

 

Claudio Scaranari

MANIDIPOLVEREDILUNA 2020

scultura in resina trasparente. 38x29cm.

Manidiviolino, Manidiacqua, Maniblunotte, Manidinuvole L’artista indaga il movimento delle MANI, elemento fisico necessario non solo all’esecuzione, ma anche per indicare presenze quotidiane o remote.

 


 Marilena Simionato 

NADINE | 2020   Tecnica mista su cartone. 77x53cm.

L’ artista ha cercato di dare forma alla vita di NADINE, a partire da quel passato trascorso continuamente in fuga. Nell’opera lo strappo sta a significare quella parte di esistenza che vuole cancellare. Poche immagini, che fanno riflettere, per trovare la sua vera essenza.


Moreno Ugo

RITMO DEL SOGNO | 2018

nell’aria immobile di un salotto, 

Il raccapriccio per la tragedia imminente, il segreto, il mistero distillato in gocce di oppio rosso.

…… l’origine di quel ruolo si trovava difronte a lui, comico, patetico e a pezzi, ricordava il fondale malconcio di un teatro vuoto… cherubini.

 


 Fanny Zava
GELOSIA - ABITO DA BALLO della brama di dominio | 2020

Pastello acquerellabile su cartoncino. 35x50cm.

disegno a matite colorate dove viene evidenziato l’ABITO DA BALLO della brama di dominio. 

Tema molto sentito nel mondo femminile.